LA SCUOLA MATAYOSHI KOBUDO
E SUE PECULIARITA'

 

TESI PER L'OTTENIMENTO DELLA QUALIFICA DI ALLENATORE A.I.K.O.

[ PERCHE' IN RETE ? UNA SORTA DI GELOSIA MI HA FATTO ESITARE NEL METTERE IN RETE QUESTE PAGINE, MA LA VOLONTA' DI DIVULGARE NOTIZIE SUFFICIENTEMENTE ESATTE ( IN ATTESA DI EVENTUALI ERRATE CHE MI VORRETE COMUNICARE ), IN CONTRASTO CON MOLTA FANTASIA ED APPROSSIMAZIONE IN CIRCOLAZIONE, HA FUGATO LA MIA ESITAZIONE. Mi perdonerete l'orribile impaginazione concepita originariamente per non essere messa in rete ! ]

 

STRUTTURA (INDICE)

Le armi in uso nella Scuola Matayoshi (breve storia ed osservazioni tecniche).

Peculiarità: considerazioni sulle posizioni, tecnica e generazione della potenza; metodologia d'insegnamento.

Storia della famiglia Matayoshi.

Emblema e divisa del Matayoshi Kobudo.

 

BIBLIOGRAFIA

Andrea Guarelli "Le armi del Kobudo, il bo", ed. mediterranee

Mark Bishop "Karate di Okinawa", ed. mediterranee

Patrick McCarthy "Bubishi", ed. mediterranee

Oscar Ratti e Adele Westbrook "I segreti dei samurai", ed. Oscar Mondadori

Rivista "Budo", anno III n.16 e 26

Aldo Tagliaferri "Il Taoismo", ed. Tascabili Newton

 

LEGENDA

L'uso delle parentesi quadrate [] indica un dato incerto.

L'uso del punto di domanda nelle parentesi quadrate [?] indica un dato fortemente incerto.

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LE ARMI

 

REMO (eku o kai o ryoshi no katana, jiang-fa in Cina

E' il classico remo del pescatore e fu proprio un pescatore di nome Azato, alias Akachu ("uomo rosso" per il colore della carnagione) che ne sviluppò l'uso in Okinawa. Azato viveva nell'isola di Tsuken-jima nella quale fu esiliato il Maestro Chikin Shosoku Oyakata per lotte di potere in atto a Shuri. Chikin trasmise il Bojutsu (arte marziale dell'uso del bastone) ad Azato, il quale riportò le conoscenze apprese allo studio del remo, con lo scopo di difendersi da spada o da lancia. Il kata che sintetizza l'uso di quest'arma è il "Chikin Akachu no Eku-di", tecniche di taglio eseguite con il profilo della pala (nami-giri), di lancio della sabbia con la parte piana, parate e colpi simili all'uso del bastone; singolari i salti durante i quali, pur mantenendo la distanza di sicurezza, sono eseguite tecniche di parata ed attacco. Questo attrezzo rappresenta sicuramente un'arma caratteristica del Kobudo okinawense ed in particolar modo dello stile Matayoshi.

[Si narra che nel 1612 lo spadaccino Myamoto Musashi riuscì a sconfiggere il famoso samurai Sassaki Kojiro con il remo, accecandolo prima di dargli il colpo di grazia1], [ e che nella Seconda Guerra Mondiale i primi marines americani sbarcati sull'isola siano stati fermati a colpi di eku ?]

 

BO ("kon" bastone, in Cina "k'un")

Come per molte altre armi o scambi culturali nelle varie arti, vi è stata una notevole influenza cinese tramite diplomatici residenti nell'isola, maestri della comunità cinese del villaggio di Kume (fondato nel 1392), viaggiatori e commercianti, marinai.

Data la semplicità dell'arma e la sua immediata reperibilità, l'origine è antica e diffusa un po’ in tutti i ceti sociali. Nonostante molte tecniche somiglino a quelle che si trovano negli antichi manuali cinesi, per esempio il "Bubishi", la tecnica è stata adattata alle caratteristiche della popolazione di Okinawa ed alle peculiarità geografiche del luogo. Il tipo di legno utilizzato è la quercia rossa o bianca, il nespolo del Giappone, l'areca e la palma di kuba che ha la caratteristica di spezzarsi in modo frastagliato ed appuntito, perciò la zona di rottura diviene una sorta di pericoloso punteruolo. Questi tipi di legno conferiscono al bastone leggerezza, ma anche resistenza agli urti.

Il bo di Okinawa più usato è il "rokushakubo" di sei shaku (unità di misura pari a 30 centimetri circa) e quindi pari a circa 182 centimetri, ma esistono anche i "sanshakubo" (tre shaku), i "yonshakubo" (quattro shaku), i "kyushakubo" (nove shaku), i "bajobo" cioè "bo da cavallo" (tredici shaku).

Dalla forma semplicemente cilindrica "marubo" in bambù, usato sulle spalle a modo di bilanciere dai contadini per trasportare pesi, in combattimento fu utilizzato anche quello a sezione quadrata "kakubo", esagonale "rokkakubo" ed ottagonale "hakkakubo" dagli effetti micidiali. Attualmente è usata la forma cilindrica rastremata con, al centro del bastone "chukon - bu", un diametro di tre centimetri e all'estremità "kontei" un diametro di due centimetri e mezzo. La particolare forma, oltre a facilitarne il maneggio per l'immediata capacità di localizzare il baricentro, scompone la forza d'impatto diminuendone la componente direttamente legata alla rottura, cioè tende a far scivolare via l'arma dell'avversario e così dicasi se bloccato da catena o sai. I kata della Scuola sono in ordine di difficoltà: Shushi no kun, Choun no kun, Sakugawa no kun, Chikin no kun, Shiishi no kun, ma praticati e tramandati dal Maestro Matayoshi anche: Ufutun no kun, Tokumine no kun, Kubo no kun, yonegawa no kon, yara no kon. Una peculiarità dello stile Matayoshi consiste nell'arretrare la corsa del bastone appoggiandolo tra il polso e l'avambraccio.

 

 

SAI (tridente)

Introdotti nelle Ryukyu da marinai di Sumatra o Java ed in particolar modo ad Okinawa da monaci cinesi, sono attrezzi ispirati da oggetti simboli di protezione della dottrina buddhista, riscontrabili nell'iconografia sacra indiana e cinese: spada di Indra divinità protettrice indù incorporata nel buddhismo. La loro presenza ad Okinawa è l'esempio della gran quantità di scambi commerciali e culturali tra l'isola, la Cina e l'India, ed i sai, se pur con alcune differenze, sono presenti anche in Vietnam, Filippine, Malesia ed Indonesia. Utilizzati in coppia o a tre, possono essere lanciati verso i piedi dell'avversario per bloccarlo ed atterrarlo, e per questo una volta utilizzati dai Sottufficiali di Polizia "Chikusaji" che gli tenevano spesso appesi al polso per mezzo di una cordicella legata ad un anello sull'elsa, con la funzione di recupero dopo il lancio. Adatti alla difesa da bastone e da spada (in quest'ultimo caso anche modificati in una sola parte ricurva dopo l'impugnatura "jitte" o "jutte"), se incrociati, tramite "l'elsa", possono letteralmente bloccare un bastone; quest'arma ebbe una notevole fortuna come difesa atta a neutralizzare l'arma principale dell'invasore giapponese: la spada, e fu così efficace che gli stessi guerrieri giapponesi l'importarono in patria. Fattore determinante per l'efficacia dell'arma è l'uso del polso e la scioltezza del braccio supportata dal movimento del corpo; importante infine l'uso dello "yori ashi" (posizione con la quale avanzando, alla gamba anteriore segue quella arretrata) per anticipare la tecnica dell'avversario ed accorciarne le distanze, rendendo inoffensivo il suo attacco. Sono previste tecniche di difesa non "sfoderate" cioè con lo stiletto lungo l'avambraccio e "non sfoderate", di attacco circolari e dirette, molte delle quali su di una singola gamba "sagi ashi dachi". I kata che ne sintetizzano l'uso sono: Nicho sai, Sancho sai, Shinbaru no sai.

[Altre fonti vedono nel sai l'evoluzione di un attrezzo usato dai contadini per perforare la terra nell'atto della semina.]

 

MATAYOSHI SAI (manji-sai)

L'elsa è a "s" invece che ad "u" come nei sai, costruito ad Okinawa da Shinko Matayoshi sulla base della spada [] cinese vista a Shangai.

[Si dice anche che quest'arma fu creata dal Maestro Shinken Taira in occasione di una visita ad un tempio buddista ?]

Kata nello stile Matayoshi è il Shinbaru no (Matayoshi) sai.

 

 

NUNTI (saibu)

Il primo testo nel quale è menzionata tale arma è il "Bubishi" cinese, il suo significato è "tecniche perforanti", nata all'epoca della dinastia Ming ed introdotta in Okinawa dalla Cina seicento anni fa, il Maestro Shinko Matayoshi ne apprese l'uso dal Maestro cinese Kingai di Shangai. E' un'arma da lancio ed è portata in coppia dietro la schiena nel kata di nunti-bo.

 

TUNKUWA (tonfa, tunfa, tuifa)

Anche quest'arma è stata ispirata da un attrezzo agricolo (mortaio per cereali). Essendo un legno a forma di "L" può essere usato sia dal lato più piccolo, sia da quello più lungo, l'inerzia creata da questa semplicissima arma è tale da divenire un attrezzo molto pericoloso nelle mani di un esperto. Se usata dal lato più corto (come nei due kata "Tunkuwa dai ichi" e "Tunkuwa dai ni") il corpo deve essere gestito molto fluidamente con una serie di "onde motrici" che risaltano l'inerzia dell'arma nella sua rotazione, solo alla fine di quest'ultima, prima dell'impatto, il tunkuwa va fermato serrando la mano ed imprimendo un'ulteriore momento verso il bersaglio. Se usato invece dal lato più lungo, l'uso è simile a quello dei kama e l'efficacia, non più generata dalla rotazione, è dovuta all'effetto leva polso - manico. Importante l'uso del "gedan" e "chudan harai uke" come tecnica di parata e di preparazione ad un immediata parata o attacco.

Usato anche per difendersi da attacchi di spada, è utilizzato nel Kung-fu cinese (nei kata chiamati "kuai") ed in una variante in Thailandia.

 

NUNCHAKU (sosetsukon, in Cina Shuang-chieh kun)

E' costituita da due bastoni (esistono modelli a tre o quattro sezioni) rastremati, legati fra loro ad una estremità da tre corde. L'origine e duplice: da un attrezzo agricolo durante l'invasione delle Ryukyu da parte del clan Shimazu e pensato come strumento di autodifesa per le donne, oppure dal morso usato per i cavalli. Quello che è certo, è la sua antica origine ed il fatto che, essendo una volta più corto, veniva portato sotto gli abiti per difesa. L'uso di quest'arma prevede che i due bastoni, se in rotazione, formino fra loro un angolo di 180°, effetto creato solo se il movimento è fluido e la spalla ed il polso decontratti. Può essere maneggiato, impugnandone una parte per mano, per tecniche di parata o di attacco, usando l'estremità dei due bastoni e sfruttando persino la tensione creata dalle corde.

Il kata che ne sintetizza l'uso è il "Matayoshi no nunchaku".

 

SANSETSUKON (bastone snodato a tre sezioni, in Cina "san-chieh-kun del tempio di Shaolin")

Antica arma cinese costituita da tre bastoni di 70 centimetri circa, uniti fra loro da corda o catena. Una leggenda narra che l'inventore del sansetsukon fu il generale Jin Hong Yan, primo imperatore della dinastia Song (960-1279). In Cina esiste una versione più piccola per poter essere facilmente nascosta. I suoi kata sono "Sansetsukon dai ichi" e "Sansetsukon dai ni".

 

KAMA (falcetti)

Usato per la prima volta come arma, durante una rivolta contadina nel 1314, la tecnica si è evoluta dando come risultato il kata "Kama no ti" che prevede l'uso simultaneo di due falcetti. L'arma può essere legata al polso con una corda o catena divenendo un arma temibile anche contro la spada. Il kama era l'arma preferita da Shinko Matayoshi soprannominato "Matayoshi mani di falce".

 

ROKUSHAKU-GAMA (falce lunga sei piedi, "chogama" falce lunga)

A differenza del kama il manico e lungo 150 centimetri e con la lama si raggiunge la misura di 180 centimetri. Si utilizza la lama per agganciare il corpo o l'arma dell'avversario dopo averlo colpito con il manico in legno. Nome del kata di chogama è il "Chogama no kata".

 

KUWA (zappa, in Cina "chutou")

In attacco si usa il taglio della lama, la testa della lama e la punta del manico, inoltre è previsto il lancio della terra negli occhi. Anticamente anziché la lama veniva fissato un corno di animale. Ancora oggi vi sono maestri cinesi del kuwa a Shangai e Fuzhou. Nome del kata di kuwa è "Kuwa no ti".

 

KURUMAN-BO (bastone lungo snodato, in Cina "shaokun" cioè "bastone delle guardie")

Bastone lungo 180 centimetri alla cui estremità viene fissato un altro bastone lungo 50 centimetri tramite corda o catena. Anche quest'arma trae origine da un attrezzo contadino tutt'oggi in uso. Il suo kata è il "Kuruman-bo no kata".

 

SURUCHIN (corda con due pesi di pietra all'estremità, "bolas" argentine)

Il suo nome trae origine dalla corda di corteccia chiamata "surukaa". Usato per colpire e agganciare l'avversario, esiste in lunghezze diverse. Talvolta veniva indossato come cintura; l'uso di quest'arma fu influenzato dalle tecniche di frusta cinese "bian". Il kata che ne sintetizza l'uso è il "Suruchin no toseki".

 

TINBEI (scudo, "dunfa" in Cina nel tempio di Shaolin del sud)

Costruito in ferro oppure con un telaio in bambù ricoperto di pelle di bue o in corteccia di "bin-lo" lavorata e trattata con un olio particolare, sullo scudo veniva spesso dipinto il simbolo della scuola di appartenenza. Utilizzato insieme ad una spada, il "banto"; attualmente viene usato uno scudo di testuggine marina in coppia con una piccola lancia, il "rochin"2. L'arte dell'uso del tinbei fu insegnata a Shinko Matayoshi dall'anziano Maestro Kingai. Il kata che ne sintetizza l'uso è il "Matayoshi no tinbei".

 

TEKKO (pugno di ferro a staffa)

In effetti, era una staffa da equitazione, adattata a pugno di ferro o tirapugni. Non essendo stati trasmessi kata, nei due secoli scorsi alcuni maestri di Kobudo ne hanno creati di nuovi: il "Tekko no kata". L'arma è facilmente adattabile ai kata già esistenti di Karate.

 

TECCHU (tirapugni cilindrico)

Anche per quest'arma non sono giunti kata e quindi recentemente è stato ideato il "Tecchu no kata". Spesso considerato un attrezzo atto a rendere più efficace le tecniche di Karate piuttosto che un'arma con una propria identità. Importato dalla Cina, può essere in ferro o legno e deriva da un attrezzo usato dai pescatori per riparare le reti. In Micronesia esiste un'arma simile in legno chiamata "nocca di squalo", in cui vengono applicati dei denti di squalo.

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PECULIARITA'

Una semplice osservazione: il Kobudo è l'arte delle armi di Okinawa. Trattandosi di armi, il potenziale offensivo aumenta sensibilmente rispetto ad una tecnica, per esempio, di mano aperta. Ne deriva che i vincoli cioè le posizioni, il gesto tecnico cioè la cinematica, la generazione ed amplificazione della potenza tramite l'uso del corpo cioè la dinamica, cambino rispetto al Karate.

POSIZIONI: Il zenkuzu dachi è più in linea, quindi meno largo. Il baricentro nel nekoashi dachi è spostato leggermente più avanti rispetto al Karate e quindi la gamba anteriore è più avanzata. Shiko dachi talvolta spurio: leggermente sbilanciato su di un lato con il piede opposto non perfettamente simmetrico all'altro.

TECNICA: Data la forte influenza cinese, il gesto è fluido e circolare e, per l'ingombro dell'arma, spesso ampio. Accorgimenti sul movimento e posizione delle braccia e dei piedi per evitare di colpirsi con le proprie armi.

GENERAZIONE DELLA POTENZA:

Spesso il kimè è ridotto vista la rilevante inerzia dell'arma. Uso ripetuto dell'anca come amplificatore di potenza e per direzionare quest'ultima anche nei movimenti più piccoli, è quindi possibile diminuire la forza sulle braccia, anzi è preferibile per non perdere in fluidità e rapidità.

METODOLOGIA DI INSEGNAMENTO:

In Okinawa, lo studio del Kobudo è intrapreso normalmente solo dopo il 3°-4° dan di Karate, per permetterne la divulgazione a praticanti di grado inferiore, sono stati introdotti in Italia alcuni accorgimenti come il "Bo kihon kata", forma di base di bastone propedeutico al kata "Shushi no kon". La progressione didattica per acquisire padronanza nell'uso di un arma prevede:

Lo stile Matayoshi di Kobudo è rimasto fedele alla tradizione più antica grazie al paziente e continuativo studio del Kobudo da parte della famiglia stessa, al punto che si può ritenere sia l'unico sistema di Kobudo giunto ai giorni nostri, e nel quale i kata non abbiano perso, durante i secoli, il loro reale significato tecnico e le loro applicazioni.

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STORIA DELLA FAMIGLIA MATAYOSHI

M. Shinko Matayoshi

Shinko Matayoshi nasce nel 1888 nella città di Naha, da una famiglia di "shizoku" (nobili), nel quartiere di Kakinohana e cresce nel villaggio di Shinbaru a Chatan, dove la sua famiglia è conosciuta per i suoi esperimenti nella coltivazione della canna da zucchero. Studia il bo, l'eku, il kama ed il sai con i Maestri Chokuho Agena (Gushikawa Terasho), Ryuko Shiishi, Yamani Chinen ed il padre Shinchin, ed il tunkuwa e nunchaku nel quartiere di Nozato con il Maestro Matsutaro (Ogii) Irei [e con l'allievo anziano di Matsutaro Ire, Jitude Moshigawa Ire]. Intraprese un viaggio verso il 1911 per ampliare le sue conoscenze marziali a Nord verso Hokkaido, attraversandolo in direzione dell'isola Sakhalin, ed in Manciuria ove apprende l'equitazione, il Shuriken-jutsu e l'uso del lazzo "Nagenawa-jutsu" da alcune tribù nomadi [banditi ?]. Studia il tinbei, il suruchin ed il nunti a Shangai con il Maestro Koronushi Kin (Kingai) e sempre qui inizia lo studio dell'agopuntura e della terapia cinese (medicina erboristica) [e di una forma di boxe il "kingai-noon" che sembra fosse una variante del "Paihao-k'iuan" o Boxe della Gru Bianca. Durante la sua permanenza a Shangai, pare che Matayoshi si sia messo in contatto con la famosa Associazione Jin(g) Wu (chiamata anche "Qing Mo") 3 che aveva basato la sua reputazione sul famoso "Tigre dalla faccia giovane", Huo Yuanjia (1862-1909) che morì avvelenato per mano di un lottatore giapponese che lo aveva sfidato. Bruce Lee, nel film "Fist of fury", la cui trama è basata sulla vendetta, nel ruolo di Chen, arriva per assistere al funerale del suo Maestro Yuanjia ?]. Studia inoltre lo Shorin-Kenpo nella regione cinese del Fukien. Nel 1915 nel tempio di Shinto a Tokio, durante la commemorazione dell'imperatore Meiji, Gichin Funakoshi presenta per la prima volta il Karate Shotokan 4 e Shinko Matayoshi il tunkuwa-jutsu ed il kama-jutsu. Nel 1921 durante la cerimonia di benvenuto per l'arrivo in Okinawa del principe ereditario Hiroito, futuro imperatore Showa, Chojun Miyagi dimostra il Goju-Ryu e Shinko Matayoshi il Kobudo. Nel 1935 rientra definitivamente dai suoi viaggi e si stabilisce a Naha ove si spegne nel 1947.

 

M. Shinpo Matayoshi - M. Go Genki

 

Shinpo Matayoshi nasce ad Okinawa il 16 gennaio 1921 nel paese di Yomitan ed inizia l'istruzione alle arti marziali con il padre. Nel 1928 diventa allievo di Karate (Shuri-te e Tomari-te) del Maestro Chotoku Kyan. Nel 1938 impara lo stile della Gru Bianca di Fukien dal Maestro cinese Go Genki [Gokenki] (Wu Xiangui in cinese 1886-1940). Studia il Goju ryu con il Maestro Seko Higa, allievo anziano del fondatore Miyagi. Insegna dal 1957 al 1959 nella città di Kawasaki e dal 1960 Kobudo nel dojo del Maestro Higa, mentre da lezioni di Kingai-ryu a pochi allievi fino al 1970 nella forma antica e senza passaggi di cintura. Nel 1970 fonda la Federazione di Kobudo "Ryukyu Kobudo Renmei" riconosciuta nel 1972 dal governo giapponese con il nome di "Zen Okinawa Kobudo Renmei". Unico okinawense e Maestro di Kobudo di Okinawa, entra a far parte della "Dai Nippon Butokukai" (l'associazione dei maestri di arti marziali giapponese) e nel 1987 il Presidente della Associazione, Sua Altezza Imperiale Higashi Fushimi Jigo, gli conferisce il 10° dan Hanshi. Si spegne nel 1997 nella città di Naha dove continuava ad insegnare nel Kodokan ["via illuminata" nome del suo dojo in onore del padre Shinko "vera luce" 5].

Il Kodokan

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EMBLEMA E DIVISA DEL MATAYOSHI KOBUDO

 

Giacca nera e pantaloni bianchi. La scelta di tali colori trae spunto dalla teoria e rappresentazione dello yin-yang cinese. Il bianco rappresenta il lavoro a mani nude, il nero l'uso delle armi. E' necessaria l'armonia tra il Karate ed il Kobudo per un praticante di arti marziali. Infatti lo "yin" è l'oscurità, il nero, il femminile, il ricettivo, il vuoto, il flessibile, il passivo, il profondo, mentre lo "yang" è il luminoso, il pieno, il rigido, il rosso, il maschile, l'elevato. I due principi sono intimamente interattivi, nel senso che ciascuno dei due non può sussistere senza l'altro, perpetua processualità ove l'uno non si somma all'altro, bensì è presente nell'altro.

YIN e YANG

L'emblema della scuola raffigura esternamente un crisantemo, fiore dell'Imperatore, simbolo del Giappone, internamente il blasone della dinastia reale delle Ryukyu.

Emblema della Scuola di Kobudo Matayoshi

 

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ERRATA (punti 4 su 5)

1 in realtà il combattimento fù fatto in riva al mare, il giovane tenne nascosto sotto l’acqua il remo o bastone per ingannare il samurai sulla lunghezza dell’arma.

2 tale arma non è dello stile Matayoshi !

3 non risulta dagli scritti privati di famiglia

4 all’epoca non si chiamava Shotokan ma una sorta di "Okinawa-te"

5 Kodokan: coloro che seguono (kan) la via (do) "luminosa" (ko?), Shin-ko

 

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